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Dick Hebdige era un mod negli anni 60, tuttavia questo libro non vi racconterà di quanto erano fighe le risse tra mods e rockers sulle spiagge di Brighton di quegli anni, o meglio, lo accenna, ma non è questo lo scopo. Lo scopo del libro è dare una chiave di lettura sociologica alle sottoculture che si sono sviluppate in Inghilterra nel dopoguerra, dagli anni 50: teddy boys, mods, skinheads, punk ecc.
La prima edizione è del 1979, il punk è sulla ribalta dei tabloid inglesi solo da qualche anno, il revival mod è appena iniziato e gli skinheads legati al filone Oi! dovevano ancora svilupparsi, tant'è che in un passo del libro l'autore dice "l'ostilità fra punk e skinhead dell'ultima ora è stata una finezza capitata troppo di recente per potere esere stata menzionata nei capitoli descrittivi. Verso l'ottobre del 1977 gli skinhead erano emersi come fazione separata all'interno della sottocultura punk, insieme ai loro propri eroi musicali (Skrewdriver, Sham 69 e vari artisti reggae) e le loro figure piu schiettamente lumpen".
Una bestemmia per molti accostare la scena musicale degli Skrewdriver con gli Sham e il reggae, ma allora non erano ancora politicizzati e immagino la gran confusione tra i kids dell'epoca.
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Quindi quando si parla di skins nel libro ci si riferisce piuttosto a quelli del '69, mentre i mods quelli dei sixties con un attenta analisi a quel che è stato lo ska e il reggae durante quegli anni, di come poi successivamente ha preso coscienza della propria "negritudine" affrontando temi che alla working class "bianca" che lo aveva seguito e sostenuto non interessasse piu quel genere musicale che invece viene ripreso dal punk sia nelle tematiche che negli ascolti.
Il primo capitolo è un pò "pesantuccio", con un introduzione come gia detto "sociologica" e Hebdige di questo ne è consapevole, affermando che questo libro sarebbe trattato da qualsiasi "sottoculturato" come un qualsiasi articolo di giornale inglese che vuole analizzare quello che i GIOVANI hanno in testa: tutto m**da.
Ma poi come direbbe Carlo Verdone in un suo film: finalmente se score.
A conti fatti questa lettura è stata molto interessante per capire anche le dinamiche dei mass media e di come agiscono in queste determinate occasioni.
Principalmente in due modi: demonizzando il fenomeno, paragonando queste persone a delle bestie, disumanizzandole, collocandoli al di fuori della società, come corpi estranei.
Dall'altro invece rendendoli innocqui, familiari, ricollocandoli in un contesto di normalità, masticati, digeriti e poi dati in pasto ad un nuova forma di mercato... "i negozietti hippy divennero delle boutique per punk".
Per approfondire, alcune letture (e non solo) sulla sottocultura Mod
👉Mod generations. Musica, rabbia, stile e altre storie
👉Mod generations. Storia, musica, rabbia & stile (di Antonio Bacciocchi "Tony Face")
👉Mod. Vita pulita in circostanze difficili
👉Glory Boys - Qualcosa che vi racconto sul mondo mod
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👉Arcipelago mod. Il mod revival in Italia 1979-1985. Di Stefano Spazzi