DAVIDOSKY CONSIGLIA - PER DAVID BOWIE. Doveva avere un’altra fisionomia questa settimana, ma "Davidosky consiglia", esce in edizione ridotta e controvoglia. Esce con profondo rammarico e grande commozione per la perdita di quel genio assoluto, quel pazzo visionario, quell’entità polimorfa di David Bowie. Io penso che sia ritornato nel suo pianeta, abbia ripreso l’astronave, quella da cui era sceso tantissimi anni fa. Forse perché la Terra è troppo banale e sempre rivolta al passato, mai al futuro, e a un uomo che stava avanti come lui, ormai questo pianeta gli doveva stare stretto. Quegli occhi uno diverso dall’altro, uno sul presente e l’altro sempre rivolto al futuro, non potevano durare a lungo, rimanere sempre aperti con lo sguardo rivolto su questo vecchio stanco mondo che non meritava obiettivamente il suo essere. Svegliarsi con la notizia della morte di un genio rende sicuramente più incerto questo mondo. Le certezze finiscono, ma ne nascono di nuove, di più intense, con la speranza che quello spirito, quell’anima inquieta grazie alla sua musica ci parli ancora. Gli ultimi giorni del 2015 ho ascoltato continuamente “Diamond dogs”, album del 74, e in particolar modo “Sweet thing”, dall’atmosfera così introspettiva, intima e sofferta. I consigli che seguiranno sono relativi a quattro film che ha interpretato Bowie. Con la speranza che i consigli vi elettrizzeranno, in onore di un genio assoluto, di un artista vero, vi auguro…
Buona Visione
L’uomo che cadde sulla terra (Nicolas Roeg, Gran Bretagna, 1976). Un film sofferto, instabile, visionario. Una metafora sulla solitudine moderna, sull’alienazione dell’Occidente, sull’esistenza. La storia è quella di un alieno che si accontenta di una fidanzata terrestre rompi*oglioni come poche, che almeno è l’unica che gli vuole bene. Un film per niente convenzionale, una narrazione ambigua, qualcosa che va oltre, come Bowie stesso. Consigliato a chi non si accontenta dei limiti imposti dalla società ed è capace di viaggiare con la mente, oltre le convenzioni, oltre, inseguendo la propria utopia perché prima o poi l’afferrerà per non lasciarla mai più. Perché ricordatevi una cosa, un’utopia non è qualcosa di irrealizzabile, ma di perfetto!
Furyo (Nagisa Oshima, Gran Bretagna/Giappone, 1983). Un film ormai caduto nel dimenticatoio purtroppo. Ma merita troppo. Una triste e amara riflessione su tanti aspetti dell’esistenza. La colonna sonora di Sakamoto poi è qualcosa di straordinario che conferisce un’atmosfera magica a questo film. Consigliato per capire quanto Bowie sia stato grande anche come attore, ma anche a chi è capace di vivere ogni cosa con trasporto e intensità, senza mai dare nulla per scontato
Labirynth (Jim Henson, Gran Bretagna/Usa, 1986). Una favola piena di magia, di allegria, e della musica di David. Forse chi non l’ha visto da bambino oggi non potrà apprezzarlo, però provateci lo stesso. Dopo chiudete gli occhi e immaginate la vostra favola visionaria senza freni. Consigliato a chi non ha smesso neanche un solo istante di sognare, di immaginare, di pensare mondi possibili migliori della realtà, e soprattutto non ha ucciso il bambino che era un tempo.
Absolute beginner (Julien Temple, Regno unito, 1986) un film particolare. Quest’atmosfera inglese anni cinquanta è favolosa e raramente l’abbiamo vista. Una Londra senza Beatles e Rolling Stones, senza fotografi che producono mondi, senza modelle, senza artisti strafatti. Mah insomma. È un film così raffinato, per certi versi patinato ed elegante, che vi verrà voglia di vestire come i personaggi. La colonna sonora poi è stupenda. Consigliato a chi cerca sempre prodotti insoliti e a chi non si accontenta delle forme convenzionali dell’arte.